lunedì 10 agosto 2009

La McLaren a Indy: “Il 1970 finisce qui”.

La decisione, del team McLaren, di correre alla 500 miglia di Indianapolis, secondo una versione [McLaren Memories di Eoin Young], nacque durante una trasferta del campionato Can-Am. Quel giorno la squadra ebbe modo di ascoltare alla radio una telecronaca della famosa corsa. Così pensarono che non sarebbe stato molto difficile, per loro, costruire un’auto in grado di vincere la 500 miglia.
Secondo un’altra versione, la decisione venne presa sentendo, in radio, la pubblicità nella quale la Goodyear dichiarava di voler battere la Firestone a Indy. Così Bruce disse “proviamoci”.
Comunque siano andate le cose, la decisione venne presa molto rapidamente, sintomo che la McLaren era certa di poter avere dei buoni risultati nella famosa 500 miglia.
Non dobbiamo stupirci di tanta sicurezza: la McLaren, nel 1969, era considerata, nel motor sport, uno dei team di spicco a livello mondiale. Infatti, oltre ai successi (o meglio, al dominio) nella serie Can-Am, la McLaren stava ottenendo delle vittorie anche in F1.
Il team McLaren, in realtà, era già stato coinvolto in un progetto per correre a Indianapolis, nel 1968. La Goodyear, infatti, aveva chiesto alla McLaren di sviluppare e testare una vettura a turbina per la corsa.
Bruce McLaren, dunque, dovette svolgere le visite mediche e compiere delle prove per essere ammesso a correre sull’ovale.
In realtà, Bruce non era per nulla felice di dover guidare quella vettura.
Tuttavia, McLaren non poteva rinunciare al compenso della Goodyear per quel tipo di lavoro.
Bruce, quindi, fu sollevato quando, durante la trasferta in Spagna per il gran premio, gli venne comunicato che il progetto dell’auto a turbina era stato ritirato. Infatti, si era sparsa la voce, arrivata anche agli organizzatori, che il progettista della vettura avesse ideato un sistema in grado di allargare la presa d’aria circolare, cosa vietata dal regolamento. Così, l’auto venne immediatamente ritirata e la McLaren non dovette proseguire (il poco gradito) lavoro di sviluppo.
Nel 1970, invece, la McLaren partecipò con un progetto interamente suo, la M15.
La M15 era dotata di un telaio monoscocca in alluminio ed era spinta da un motore Offenhauser.
Uno degli aspetti più curiosi della vicenda consisteva nel fatto che, mentre il telaio era di moderna concezione, il motore era lo sviluppo di un progetto del … 1931!
Il telaio finiva immediatamente davanti al motore (che era agganciato alle paratie posteriori da due attacchi). Così, nel team si iniziò a parlare di attaccare un adesivo proprio nella parte terminale del telaio, con scritto “il 1970 finisce qui”.
Nelle prove della corsa l’auto rivelò buone potenzialità.
A Indy si erano recati tre piloti della McLaren: Bruce, Denny Hulme e Amon. I primi due, giravano su buoni tempi, mentre Amon faceva parecchio fatica. Paradossalmente, Amon riusciva a girare più rapidamente tra gli alberi di Spa, affrontando le curve del tracciato belga, che tra i muri di Indy.
Purtroppo, Hulme si trovò coinvolto in un orribile incidente: le vibrazioni provocarono un’apertura del serbatoio dove stava il carburante.
Il metanolo, che si liberò nell’aria, prese fuoco e Hulme dovette gettarsi fuori dall’auto e rotolarsi nell’erba per spegnere le fiamme.
A questo punto, McLaren decide di affidare le vetture a Revson e Williams, conoscitori del tracciato di Indy.
I due, ottennero dei piazzamenti rispettabili (9° e 16°) considerato che erano stati chiamati all’ultimo.

Da Indy, comunque, la McLaren non tornò certo a mani vuote.
Anzitutto, avevano preso contatto con un mondo totalmente diverso, rendendosi conto di quanto fosse difficile settare la vettura per correre su un ovale (molto diverso dal preparare una macchina per una corsa di f1, tanto che ricorsero alla consulenza di un pilota esperto come Unser).
In secondo luogo, avevano compreso quanto importante fosse la 500 miglia: mai erano stati tanto eccitati per una singola corsa.
In ultimo, Bruce venne insignito di una speciale onorificenza da parte della sezione dell’Indiana della “Society of Automobile Engineers”, per le innovazioni introdotte a Indy.

Da Indianapolis, McLaren partì con in testa, già, il progetto per il 1971. Nel viaggio di ritorno, infatti, Bruce e Coppuck discussero delle soluzioni da adottare l’anno seguente. Decisero che avrebbero attentamente studiato la forma della vettura.
Si trattava, infatti, di capire se convenisse adottare, per la vettura del 1971, una forma snella oppure più larga. Le vetture (come la M15) progettate seguendo questa seconda “concezione”, della forma dell’auto, erano dette “fat car”.
Tuttavia, Bruce McLaren morì poco tempo dopo e, quindi, non poté prendere parte alla progettazione di una nuova auto per correre a Indy.
L’avventura del 1970, tuttavia, costituì la base dei futuri successi della McLaren alla 500 miglia di Indianapolis … ma questa è un’altra storia.

-Bernd508-

Fonti da cui sono state tratte alcune informazioni:
"McLaren memories" di Eoin Young.

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